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Una svolta nella ricerca sull’origine delle infiammazioni croniche

Nonostante il ruolo dell’infiammazione cronica nelle malattie sia conosciuto da tempo, in anni più recenti la ricerca ha portato alla luce informazioni sorprendenti e di grande importanza riguardo alle sue origini. Quella che segue è la sintesi di un articolo scritto da Wajahat Z. Mehal, direttore di programmi di ricerca sull’infiammazione e sulle malattie epatiche presso il West Haven Department of Veterans Affairs Medical Center nel Connecticut e la Yale University (USA).

Con grande sorpresa dei ricercatori, tutte le cellule del corpo scatenano l’infiammazione nello stesso modo; di fronte all’ingresso nell’organismo di agenti esterni o alla presenza di segnali di pericolo (poi vi dirò cosa sono), le cellule costruiscono una struttura molecolare chiamata inflammasoma che libera composti chiamati citochine, le principali responsabili della risposta infiammatoria .

I segnali di pericolo che attivano l’infiammazione si possono classificare in quattro categorie: danno ai tessuti, proteine (beta-amiloide), depositi di cristalli (amianto, colesterolo, acido urico), alimentazione eccessiva (acidi grassi saturi).

In condizioni normali, le citochine provocano una risposta infiammatoria di breve durata, caratterizzata da rossore, gonfiore, dolore, calore, in quanto l’inflammasoma che le ha liberate viene rapidamente smontato. Quando, invece, l’inflammasoma rimane attivo troppo a lungo a causa di fattori come la quantità di citochine prodotte e la reazione alle citochine in tessuti diversi, si sviluppa la malattia.

La scoperta di una base comune di molte malattie di origine infiammatoria, indipendentemente dal tessuto o dall’organo coinvolto, apre la strada alla scoperta di un principio attivo (medicina) che possa curare malattie diverse.

Vari studi hanno anche messo in evidenza che gli inflammasomi sono alla base di un’ampia gamma di malattie e disturbi per le quali si pensava che l’infiammazione avesse solo un ruolo secondario, come l’infarto e l’ictus, l’Alzheimer e la gotta, l’insulino-resistenza e il fegato grasso.

La scoperta più sconvolgente è che l’alimentazione sia in grado di scatenare la risposta infiammatoria; più precisamente, l’ingestione regolare di eccessive calorie porta all’accumulo di grassi nell’organismo che provocano l’infiammazione cronica, mentre l’assunzione eccessiva di cibo una volta ogni tanto provoca un episodio infiammatorio acuto capace di risolversi da solo.

Numerosi studi condotti sugli animali hanno stabilito che alcuni nutrienti come gli acidi grassi saturi (presenti nella carne e nel formaggio e prodotti anche dal nostro organismo) possono agire come segnali di pericolo se assunti in grandi quantità e attivare direttamente l’inflammasoma nelle cellule immunitarie ed in altre cellule. Il consumo eccessivo di carboidrati provoca, inoltre, un’infiammazione indiretta perché l’organismo deve prima convertire le quantità in eccesso in molecole di acidi grassi.

Nonostante gli organi coinvolti nell’infiammazione causata da eccessiva alimentazione siano molti, la risposta infiammatoria maggiore è stata osservata nel fegato, probabilmente anche perché quest’organo assorbe molti acidi grassi. Inoltre, un fegato sano contiene molte cellule immunitarie di per sé soggette all’attivazione e in grado di provocare danni al fegato anche dopo una lieve attivazione.

La scoperta di un’unica struttura molecolare sulla quale intervenire per colpire l’infiammazione all’origine potrebbe dare sollievo a molte delle sofferenze e disabilità che rendono assai difficile la vita di molte persone.

In attesa dei farmaci, qualcosa si può fare già da subito ed è sotto il nostro controllo: l’alimentazione. Il Prof. Z. Mehal non lo scrive, ma è logico affermare che, quando è attivo un processo infiammatorio cronico, è bene ridurre al minimo l’assunzione di acidi grassi saturi (carne, insaccati e formaggi) per evitare che peggiori e svolgere attività fisica i cui effetti antinfiammatori sono noti. In assenza di un processo infiammatorio cronico e per rimanere in buona salute è saggio evitare eccessi nell’assunzione di acidi grassi saturi e svolgere sempre attività fisica.

Alla salute!

Cinzia Malaguti

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