Gli Antichi Egizi e Ramesse II
Ramesse II fu il più grande dei faraoni egizi perché sotto il suo governo l’Antico Egitto raggiunse il massimo splendore. Visse 3200 anni fa, ma l’eco di quell’antica civiltà risuona ancora nei templi, nelle statue colossali, negli obelischi e nel fascino di quella cultura. Facciamo un viaggio nell’epoca di Ramesse II per scoprire il significato di ciò che gli Antichi Egizi ci hanno lasciato e che ancora oggi possiamo ammirare.
LA CULTURA DEGLI ANTICHI EGIZI
L’aspetto più affascinante della cultura degli Antichi Egizi riguarda il loro rapporto con la morte. Per gli Egizi, la morte non era la conclusione dell’esistenza, ma un passaggio per accedere alla vera vita tra le divinità. Fu il loro modo di esorcizzare la umana paura della morte, ma loro lo fecero in maniera strutturata e, a dir poco, sorprendente.
Per gli Antichi Egizi, la morte era un viaggio verso l’aldilà, il luogo delle divinità, da dove il Faraone doveva continuare a proteggere il suo popolo. La vita dei Faraoni era vissuta come una preparazione alla vita eterna. I loro sepolcri venivano progettati come dei palazzi per l’aldilà ed il defunto veniva imbalsamato affinché il suo corpo potesse rimanere integro. Siccome per gli Egizi, la morte era un’altra vita, la mummia imbalsamata nel suo sarcofago dorato, era accompagnata da viveri, giare di birra, oggetti d’uso quotidiano, monili e gioielli. Le pareti del sepolcro venivano decorate con immagini che potessero aiutare il defunto nel suo cammino verso la vita eterna.
Secondo la mitologia degli Antichi Egizi, era Osiris il Dio dell’aldilà, il Signore del regno della vita dopo la morte. Osiris presiedeva il tribunale e giudicava il defunto; il suo cuore veniva posto sul piatto di una bilancia, mentre sull’altro piatto veniva posta una piuma, se il loro peso era uguale, la prova era superata; insomma, una sorta del nostro giudizio universale.
Per svolgere la sua funzione nell’aldilà, il defunto doveva, però, rimanere integro, sia lui che il suo sarcofago. Al riguardo, il sarcofago era dorato e lui, il faraone, veniva imbalsamato. L’imbalsamazione si svolgeva così: il corpo veniva svuotato, asciugato dai suoi liquidi interni, riempito di sostanze vegetali, spalmato esternamente di unguenti, quindi avvolto nelle bende. L’imbalsamazione era una procedura molto lunga e costosa ed, in pratica, solo i Faraoni potevano permettersela.
RAMESSE II
Ramesse II visse 3200 anni fa (ca 1200 a.C.) e fu il più grande dei faraoni egizi. Egli fu anche piuttosto longevo: morì a 92 anni ed il suo regno durò 67 anni. La sua mummia si trova al Museo del Cairo, ammirata ogni anno da milioni di visitatori.
L’epoca di Ramesse II fu quella del massimo splendore dell’impero egizio; vennero costruiti templi come quello di Abu Simbel, statue colossali, obelischi ed i confini vennero allargati. Ramesse II fu un condottiero che amava dare enfasi a questo ruolo, facendosi raffigurare come un grande condottiero sulle mura del tempio; tuttavia, egli fu più un abile politico che un grande condottiero; egli riuscì, infatti, a stipulare un trattato di pace e a stringere alleanze con gli Ittiti che minacciavano i suoi confini e dai quali, in precedenza, fu sconfitto in battaglia (battaglia di Qadesch).
Ramesse II si preoccupava molto del suo aspetto fisico, ebbe diverse regine (la sua preferita era però Nefertari) e molte concubine e si vantava di aver avuto più di 100 figli. Le raffigurazioni giunte fino a noi lo descrivono con il naso aquilino, vesti eleganti e plissettate, corona o elmo da guerra sul capo.
Il suo regno durò 67 anni ma, come tutti i faraoni, passò una buona parte della sua vita a pianificare la sua morte; appena salito al trono, iniziò, a progettare la sua tomba nella Valle dei Re. Fece edificare anche una città, Piramesse, vicino al Delta del Nilo, ma dopo 2 secoli l’intera città fu inghiottita dai depositi di limo del Nilo. Nel Novecento fu oggetto di scavi archeologici che hanno portato alla luce alcuni reperti. Fu a Piramesse che Ramesse II morì all’età di 92 anni.
La mummia di Ramesse II fu oggetto di diverse vicissitudini. Riassumiamole. Ramesse morì nel nord dell’Egitto; dopo 70 giorni di imbalsamatura la sua mummia venne portata a Tebe (oggi Luxor) nella sua tomba-palazzo; 250 anni dopo il sarcofago venne riesumato per essere nascosto, prima nella tomba del padre, poi dentro la montagna, per un paio di millenni; a metà secolo XIX, casualmente, la tomba nella montagna venne scoperta da un contadino. Nel 1886 la mummia di Ramesse venne sbendata ed esposta al Museo del Cairo, dove diventò attrazione per i turisti; successivamente e a causa di un sinistro incidente, il sarcofago divenne arredamento nella casa del direttore del museo, per poi fare ritorno nel museo stesso, ma in una sala chiusa al pubblico. Nel 1975, la mummia di Ramesse II venne di nuovo esposta, ma le sue precarie condizioni (era attaccata da funghi) richiesero un urgente intervento di restauro; decollò così per la Francia, dove rimase per le cure ben 4 mesi, poi ritornò in Egitto ed oggi la possiamo osservare al Museo del Cairo.
Nel mondo egizio era indispensabile che il corpo rimanesse integro dopo la morte, affinché l’anima del defunto potesse sopravvivere nell’aldilà. La mummia di Ramesse II perse la sua integrità con quel goffo sbendamento del 1886.
Cinzia Malaguti