Dal lupo al cane, le origini dell’addomesticamento
Presso un sito archeologico in Israele, tra le alture che circondano il Mare di Galilea, è nascosta una necropoli dove è stato trovato uno scheletro umano che riposa con la mano posata con grazia su un altro scheletro, quello di un cucciolo di cane. Lo scheletro umano è quello di un natufiano vissuto in un insediamento dell’Età della pietra, databile tra i dieci e i dodicimila anni fa. I natufiani erano una popolazione di cacciatori e raccoglitori che si era stabilita in quella regione; i loro insediamenti possono essere ritenuti tra i primi esempi di sepoltura in cui l’uomo giace sepolto con altre specie, in questo caso un cane. Altre sepolture con cani databili alla stessa epoca sono state rinvenute anche in tutta Europa, in Oriente ed Estremo Oriente e in Siberia.
Questi ritrovamenti sono importanti perché dimostrano che il cane viveva con l’uomo ben prima della rivoluzione agricola, cioè quando gli uomini erano ancora cacciatori-raccoglitori, spostando l’asse temporale dell’addomesticamento del lupo molto più indietro.
I genetisti, analizzando l’intero genoma di lupi e cani viventi, hanno scoperto che il nostro cane non discende dal moderno lupo grigio; non c’è un rapporto genetico padre-figlio, ma fratello-fratello, cioè sono due unità tassonomiche sorelle, discese da un antenato sconosciuto ed estinto.
Il rapporto cane-uomo ebbe inizio quando alcune popolazioni di lupi si resero conto di poter attingere ad una fonte di cibo costante vicino agli insediamenti umani. Le ricerche sul campo e attraverso lo studio di reperti fossili parlano di autoaddomesticamento. Probabilmente, i protocani tallonavano i cacciatori per approfittare degli scarti della macellazione e, siccome abbaiavano quando si avvicinava qualcuno, fornivano un pronto segnale d’allarme agli uomini; inoltre, è probabile che gli umani seguissero i protocani quando questi si lanciavano all’inseguimento di una preda, risultando così d’aiuto nella caccia. Gli umani capirono ben presto che i protocani erano un buon sistema d’allarme, erano d’aiuto nella caccia, contribuivano allo smaltimento dei rifiuti in cambio di alimenti e sicurezza. Nel frattempo, la selezione naturale continuava a favorire i cani più socievoli con l’uomo.
Gli hadza sono tra le ultime popolazioni di cacciatori-raccoglitori che vivono ancora come ha fatto gran parte del genere umano per quasi tutta la storia dell’evoluzione; proprio come i primi cacciatori-raccoglitori si imbatterono nei primi cani e ne riconobbero le potenzialità come compagni per la caccia, alcuni hadza hanno iniziato a usare questi animali per scovare la preda ferita.
Anche se il quando ed il dove della domesticazione del cane rimane una questione aperta, ora gli scienziati hanno un’idea generale del tipo di società umana che ha stabilito una prima stretta relazione con i cani.
L’avvicinamento cane-uomo è stato all’inizio difficile e prudente, ma ci ha regalato un rapporto insostituibile con un animale socievole e affidabile che è diventato il miglior amico dell’uomo.
La storia continua.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
B. Hare, V. Woods, Gli manca solo la parola, Milano, Sperling & Kupfer, 2013
V. Morell, Le scienze, edizione settembre 2015