Ambiente e NaturaPartecipare

La conquista del Cervino tra successo e tragedia

La conquista della vetta del Cervino segnò un capitolo importante nella storia dell’alpinismo; finalmente anche la cima alpina ritenuta inespugnabile venne raggiunta, ma quell’impresa fu segnata dalla prima grande tragedia nella storia dell’alpinismo mondiale.

Il Cervino si trova tra l’Italia e la Svizzera, ai suoi piedi ci sono Breuil Cervinia, sul versante italiano, Zermatt, su quello svizzero. Questa montagna nacque 250 milioni di anni fa dallo scontro della placca euroasiatica con quella africana e l’ultima era glaciale determinò la sua forma e la sua altezza di 4478 mt.

Un gruppo di scalatori britannici riuscì a salire fino in cima, per la prima volta, nel 1865, ma la competizione con una squadra di italiani, l’ambizione e l’eccitazione per l’impresa storica, nonché una certa impreparazione furono concause della morte di alcuni alpinisti in cordata. La rottura della corda di sicurezza causò, infatti, la caduta nel precipizio di 4 scalatori su 7, durante la discesa. Ancora oggi, comunque, rimangono dubbi sulla dinamica dell’incidente. La corda rotta ed altri reperti sono esposti al Museo del Cervino a Zermatt.



L’inglese Edward Whymper aveva già tentato di scalare il Cervino per ben sei volte, fermandosi prima del raggiungimento della vetta, ma volle riprovarci. Abbandonata l’idea di fare l’ascensione dal versante italiano con Jean-Antoine Carrel perché questi si era impegnato ad effettuare un tentativo tutto italiano, Whymper indispettito ritornò a Zermatt dove trovò dei compatrioti interessati alla scalata dal versante svizzero. I 4 inglesi, accompagnanti da 3 guide, iniziarono la scalata del Cervino il 13 luglio 1865 in condizioni climatiche ideali. Sull’altro versante, la squadra italiana era ignara della spedizione inglese.

conquista del cervino
Monte Cervino

Tutto andò bene fino al raggiungimento della spalla del crinale, poi il crinale sale perpendicolare e dovettero legarsi in cordata. Siccome la salita era lenta, ma l’impazienza di Whymper e Crow montava veloce, questi due alpinisti decisero di tagliare la corda e procedere da soli. Arrivarono in cima e l’eccitazione fu grande, cercarono persino di richiamare l’attenzione della squadra italiana che, dall’altro versante, stava pian piano salendo. Il resto della squadra inglese arrivò poi in cima e la festa fu grande, ma durò poco. Ora avrebbero dovuto affrontare la discesa.

Il Cervino era ritenuto molto impegnativo perché non vi sono vie facili, né per l’ascensione né per la discesa, questo poteva causare tragedie nella fase della discesa, la più pericolosa. Durante la discesa, la squadra si divise in due gruppi, poi si riunirono, ma la discesa non era stata ben pianificata; successe così che lo scivolamento di uno degli alpinisti si trascinò dietro altri tre fino allo strappo della corda. Non furono trovati i loro corpi, ma solo delle parti.



Sulla tragedia venne aperta un’inchiesta e furono fatti dei test. Un ruolo chiave lo ebbero le due corde in dotazione della squadra: una grossa e rafforzata ed una più sottile. Quella molto resistente fu usata durante la salita e fu tagliata da Whymper per slegarsi dalla cordata e procedere più speditamente da solo verso la vetta. Durante la discesa, la corda più robusta venne legata a quella più sottile e fu proprio quest’ultima a spezzarsi; qualcuno sollevò addirittura l’ipotesi che venne utilizzata la corda più sottile per poterla tagliare in caso d’incidente e salvare almeno una parte degli scalatori. Rimane, comunque, il fatto che, equipaggiamento (scarponi inadeguati, ad esempio) e sistemi di sicurezza, a quel tempo erano carenti; questo fatto e la pericolosità estrema dell’impresa determinarono la tragedia.



La scalata del Cervino del 1865 fu uno spartiacque per l’alpinismo perché quella del Cervino fu la prima grande tragedia; da allora, l’attenzione alla sicurezza degli alpinisti divenne una priorità assoluta; nonostante questo, ancora oggi qualcuno non riesce a sopravvivere all’ambizione di raggiungere la vetta di questa cima così impegnativa.

Cinzia Malaguti