Il deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi
Nel 1987 il referendum italiano abrogativo decise di rinunciare all’energia elettrica d’origine nucleare; in quel periodo l’Italia aveva tre centrali nucleari attive (Trino Vercellese, Latina e Caorso) e subito ci si pose il problema dello smantellamento e della messa in sicurezza dei rifiuti e dei componenti radioattivi. Problema non da poco! Lo smaltimento, però, non riguarda solo l’eredità nucleare, ma anche di tutti quei rifiuti radioattivi che, ogni giorno, vengono prodotti negli ospedali, nelle industrie e nei laboratori di ricerca.

Il problema delle scorie radioattive
In Italia, la SOGIN (società pubblica) è stata incaricata di provvedere allo smantellamento delle quattro centrali nucleari (Garigliano, Trino Vercellese, Latina e Caorso) esistenti sul territorio italiano, attraverso un procedimento, chiamato decommissioning, che smonta pezzo dopo pezzo, in sicurezza e con i tempi necessari, le centrali nucleari. I tempi sono necessariamente lunghi perché le operazioni sono molto delicate: si pensi che lo smantellamento della centrale di Caorso ha avuto inizio nel 2000! La SOGIN è anche stata incaricata di provvedere alla stesura del progetto ed alla realizzazione di un deposito unico nazionale.
Le scorie radioattive in Italia sono oggi depositate in 23 siti di stoccaggio temporaneo di materiale nucleare e sono per il 60% di provenienza dalle centrali in dismissione e per il rimanente 40% derivano dall’attività medica e di ricerca. Non esiste, tuttavia, sul territorio italiano un’infrastruttura che permetta la loro messa in sicurezza definitiva.

Il progetto del deposito unico nazionale
A seguito del decreto legge 31/2010, l’Italia ha previsto la realizzazione di un deposito nazionale unico, che permetterà di sostituire le decine di depositi temporanei. Dove e come realizzarlo richiede però studi approfonditi ingegneristici, fisici, geologici e ambientali, ma occorre anche coinvolgere le popolazioni dei siti che sono ritenuti tecnicamente adatti. L’operazione s’inserisce in un progetto europeo di messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Il progetto preliminare, avviato da SOGIN nel 2010, si articola in diverse strutture: un deposito definitivo per i rifiuti a bassa e media attività radioattiva, un deposito temporaneo di lunga durata per i rifiuti ad alta attività (in attesa di trovare una destinazione definitiva a livello europeo), gli impianti necessari alla gestione ed al funzionamento del deposito ed un centro di ricerca (parco tecnologico).

La scelta del luogo
La scelta del luogo dove sorgerà il deposito è soggetta a severi criteri (sono 28) da considerare per la localizzazione dell’impianto; ad esempio, il deposito non potrà essere ubicato in zone sismiche o parchi o aree protette o con altitudini superiori a 700 mt o dove sono presenti importanti risorse del sottosuolo. Sono state già così individuate le zone potenzialmente idonee (parecchie decine) ed è stata stilata la CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee.
Successivamente alla validazione da parte di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e del successivo nulla-osta del Ministero per lo Sviluppo Economico e del Ministero per l’Ambiente, Sogin aprirà la fase di consultazione pubblica, attraverso un seminario a cui potranno partecipare enti locali e cittadini interessati.
Al termine della consultazione pubblica, gli enti locali potranno presentare la loro manifestazione d’interesse, cioè potranno candidarsi alle successive verifiche e studi che porteranno alla localizzazione vera e propria del deposito. In cambio, oltre al miglioramento dei livelli occupazionali e dell’indotto, sono previsti dalla legge “benefici economici diretti alle imprese residenti, agli enti locali e alle imprese operanti nel territorio”.
Il problema successivo sarà l’effettiva costruzione, tecnologicamente complessa, del deposito e lo spostamento di migliaia di metri cubi di rifiuti nucleari dai siti provvisori e dalle centrali in smantellamento verso il deposito unico. Gli ingegneri però rassicurano e, considerato l’alto livello della nostra ingegneria riconosciuto nel mondo, potremmo dar loro fiducia, ma prima attendiamo la consultazione, anche curiosi di sapere quali sono queste aree “potenzialmente idonee”!
Cinzia Malaguti
Fonti:
Le Scienze nr. 571
il sito web del deposito unico nazionale per rifiuti radioattivi
il testo del decreto legislativo nr. 31 del 15.2.2010 dopo le successive abrogazioni
la guida tecnica dell’ISPRA con i criteri di esclusione per la scelta del deposito