Dal PCI al PD, l’intervista

Ho intervistato Giorgio, bolognese militante dell’ex PCI, capelli bianchi e qualche acciacco dovuto all’età, ma sempre appassionato di politica e sempre attento a quello che succede nel suo partito, ora PD. Da dove nasce la sua passione ce lo racconta in questa intervista.

D. Quando hai iniziato ad interessarti di politica?

R. Dopo la Liberazione dal fascismo e con i primi movimenti politici, tra i quali il Partito Comunista Italiano; avevo 18-20 anni.

D. Perché hai scelto il PCI, cosa significava per te far parte del PCI?

R. Perché il PCI era l’organizzazione politica che difendeva gli operai.

D. Come si svolgeva la tua partecipazione politica nel PCI?

R. Avevo assunto ruoli di responsabilità nel PCI, organizzavo la gioventù in circoli che erano sottosezioni del Partito.

D. Come si è sviluppata la tua attività politica nel corso degli anni?

R. Attraverso le sezioni del Partito, in una delle quali ho fatto il Segretario; nelle sezioni discutevamo dell’organizzazione e della situazione politica, promuovendo iniziative tra i lavoratori ed aiutavamo nella risoluzione di problemi concreti nel territorio.

D. Come hai vissuto i cambiamenti storici?

R. Preciso che il PCI, pur essendo legato al Comunismo Internazionale e all’Unione Sovietica, non è mai stato dipendente dall’URSS; il PCI guidato da Palmiro Togliatti, poi da Enrico Berlinguer, con l’orientamento politico di Antonio Gramsci, è sempre stato un partito leninista, non stalinista, con l’obiettivo di realizzare il socialismo in Italia. Dopo la caduta del Muro, la direzione del PCI, allora guidata da Achille Occhetto, ebbe la lungimiranza di cambiare il nome da PCI a PDS. I cambiamenti successivi hanno seguito la necessità di mantenersi adeguati ai cambiamenti della società.

D. Com’è cambiato il tuo Partito, cosa pensi del PD odierno?

R. Il PD, pur aggiornando il nome, è sempre stato legato ai principi ed alle caratteristiche della sinistra e oggi, con l’elezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il PD si è dimostrato all’altezza dei compiti storici per i quali è stato fondato; salvo alcune pecche legate alla mancanza di collegialità nelle decisioni.

D. Cosa intendi per “mancanza di collegialità”?

R. Voglio dire che il Partito non può essere guidato da una persona sola, ma collettivamente perché le posizioni diverse non sono un freno, ma una risorsa.

D. Quali consigli ti senti di dare ai giovani nuovi dirigenti del PD?

R. Il consiglio è di precisare che i partiti sono una democrazia sui quali noi poggiamo il nostro modo di vivere, pertanto la democrazia non è un costo ed il finanziamento pubblico ai partiti è una necessità democratica, purché essi abbiano uno statuto e dimostrino una vita democratica interna; diversamente, i partiti diventano privati e chi ha più soldi ha la meglio, a danno del movimento dei lavoratori.

D. Cosa consigli ai giovani che identificano i partiti storici con la casta?

R. La Casta è una trovata giornalistica; in concreto si nota quando viene a mancare la democrazia e si formano direzioni oligarchiche. Da ciò emerge l’importanza di un PD forte, organizzato ed apprezzato anche dai giovani. 

Come dice Giorgio, la politica getta le basi del nostro modo di vivere, allora la partecipazione politica è la partecipazione alla vita, l’impegno quotidiano per migliorare il nostro vivere comune.

Cinzia Malaguti

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