Viaggio nel mondo dei sensi
Viaggio nel mondo dei sensi. Ti porto in un viaggio nel mondo dei sensi: gusto, olfatto, vista, udito, tatto. Scopriremo insieme cosa determina le nostre preferenze alimentari, perché la nostra vista al buio è così scarsa, perché un semplice suono può essere inquietante, perché reagiamo in modo diverso agli odori, perché le mani e la bocca sono sensibilissime. Scopriremo insieme cos’è l’effetto placebo e cosa guida l’attrazione fisica. Infine, vedremo che è possibile ritardare e contenere l’invecchiamento dei sensi.
Viaggio nel mondo dei sensi. Cosa determina le nostre preferenze alimentare: il senso del gusto
Quando a scegliere è l’istinto. Il senso del gusto comincia a svilupparsi già nell’utero perché passano nel liquido amniotico alcune molecole che percepiamo come sapori, così se piacciono alla mamma, il bambino li troverà familiari prima di nascere. Dopo la nascita, tendiamo a respingere ciò che è anche solo vagamente amaro, è il nostro istinto che cerca di allontanarci da un pericolo: in natura spesso le piante velenose sono amare. Da bambini, anche il sapore acido non è ben gradito perché può significare che una cosa è andata a male o che è pericolosamente acerba; per questa ragione, molti bambini non gradiscono gli agrumi aspri; in compenso adorano i sapori che danno all’organismo ciò di cui ha bisogno, il salato perché dobbiamo rimpiazzare il sale che perdiamo quando sudiamo e, soprattutto, ci piacciono le cose dolci perché lo zucchero significa energia. Insomma, durante l’infanzia i gusti che ci piacciono sono segnati delle necessità dell’organismo e della sua memoria arcaica. Con la crescita, impariamo a diventare sempre più avventurosi, ma ci vuole tempo.

Genetica ed epigenetica del gusto. Fino ad oggi sono stati scoperti 100 geni collegati con le preferenze alimentari, dai quali dipende la sensibilità individuale ai singoli sapori. Sono i geni a determinare il numero delle papille gustative preposte alla percezione dei vari sapori. Tuttavia, l’abitudine a consumare determinati cibi, piuttosto che altri, come succede nelle diverse popolazioni del mondo, determina un adattamento genetico alle condizioni ambientali, attivando o disattivando eventuali predisposizioni (epigenetica).
Come funziona il senso del gusto. Quando il cibo entra in bocca e inizia la masticazione, la nostra saliva inizia a dissolvere i pezzetti di cibo, vengono così liberate sostanze biochimiche che arrivano a minuscole strutture e ci permettono di sentire i sapori. Quelle minuscole strutture sono le papille gustative; esse si trovano sulla superficie della lingua e nella parte posteriore della cavità orale. Sono cinque i sapori fondamentali che le nostre papille gustative possono percepire: dolce, salato, amaro, aspro e umami (saporito). Le papille gustative reagiscono al contatto con i composti chimici contenuti nel cibo mandando un segnale al cervello che ci rende coscienti di ciò che stiamo mangiando. L’intensità con cui percepiamo i sapori dipende sia dal numero delle nostre papille gustative che dai particolari recettori gustativi posti sopra di esse.
Le nostre preferenze alimentari, tuttavia, non sono determinate solo dal senso del gusto, in quanto tutti i sensi dicono la loro al proposito, in particolare l’olfatto; prima di assaggiare un cibo, lo annusiamo.

Viaggio nel mondo dei sensi. Perché reagiamo in modo diverso agli odori: il senso dell’olfatto
L’aroma di mamma. Alcune ricerche hanno mostrato che i neonati sanno riconoscere l’odore del liquido amniotico nel quale sono stati immersi prima di venire al mondo e che contiene molecole presenti in altre secrezioni materne: il latte, la saliva, il sudore. Un neonato alla nascita vede pochissimo, ma è in grado di riconoscere la madre dalle altre donne e l’aroma di mamma ha subito un effetto tranquillizzante.
Quando a scegliere è l’istinto. Il cattivo odore è un segnale che ci mette in guardia da un potenziale pericolo. Da adulti, però, reagiamo in modo diverso allo stesso cattivo odore perché la portata della reazione dipende dalla nostra esperienza personale, cioè dai ricordi che associamo a ciascun odore.
Come funziona il senso dell’olfatto. Tutti gli odori sono fatti di minuscole molecole che galleggiano nell’aria e, mentre respiriamo, raggiungono i nostri sensori olfattivi. Essi inviano segnali al cervello che ci avvisa. Noi esseri umani abbiamo un olfatto poco sviluppato rispetto a molti altri animali; i cani, ad esempio, hanno 220 milioni di recettori olfattivi, noi solamente 10 milioni. Negli umani il senso più raffinato è la vista.


Viaggio nel mondo dei sensi. Il nostro senso più raffinato: il senso della vista
Quando a scegliere è l’istinto. Alla nascita i neonati vedono pochissimo, nell’oscurità dell’utero la vista non ha avuto modo di esercitarsi; a tre mesi di vita è migliorata, ma è ancora molto scarsa, a sei mesi le immagini cominciano ad essere nitide e a otto mesi la vista è perfettamente sviluppata. La vista condiziona anche il senso del gusto, come dimostrano i bambini che non vogliono mangiare le verdure, cibi verdi che l’istinto associa a cibi pericolosamente acerbi; da adulti, invece, respingiamo cibi blu perché quel colore non ci evoca nulla di commestibile.

La nostra vista è un filtro della realtà. La nostra vista è eccellente. 1/3 del nostro cervello è dedicato al senso della vista, ma la nostra visione del mondo non assomiglia ad una fotografia, dove tutto è riprodotto con uguale nitidezza, in quanto la nostra realtà è filtrata. Se non avessimo la capacità di isolare istantaneamente i particolari importanti, non potremmo sopravvivere, alla guida di un’auto, ad esempio, potremmo essere distratti dai passanti e non reagire al semaforo che scatta; la nostra capacità di estrarre le informazioni essenziali, però, può avere effetti esilaranti e non ci rendiamo conto di tutto ciò che perdiamo.
I limiti dell’occhio umano. L’occhio umano può vedere solo oggetti che emettono luce o che la riflettono e solo se questa luce ha una lunghezza d’onda compresa tra 400 e 700 milionesimi di mm, ciò che ha lunghezza d’onda superiore, come l’infrarosso, oppure inferiore, come l’ultravioletto, per noi non esiste. Di notte, dunque, gli occhi ci servono poco, ma ci sono animali specializzati nell’agire al buio; la brillantezza dei loro occhi si deve ad una particolare struttura, posta dietro la retina o all’interno, si chiama tappeto lucido ed il suo scopo è quello di riflettere la luce, rinviandone alla retina quanta più possibile, come uno specchio; grazie ad esso, gli occhi dei gatti e di molti grandi felini brillano al buio. Anche molti altri vertebrati hanno un tappeto lucido, ad esempio i cani, i delfini, i gufi, anche i pesci che vivono negli abissi marini. Il prezzo da pagare per un’ottima visione notturna è una minore efficienza quando la luce è abbondante; i gatti, ad esempio, non sono sensibili al rosso, quindi vedono come se fossero daltonici. Certi insetti sono in grado di captare l’ultravioletto, per noi invisibile.

Come funziona il senso della vista. La luce entra nell’occhio attraverso la pupilla, quindi raggiunge il cristallino che mette a fuoco gli oggetti, proprio come farebbe la lente di una macchina fotografica; le immagini focalizzate dal cristallino vengono proiettate sul fondo dell’occhio dove si trova la retina. La retina registra l’immagine, la trasforma in segnale elettrico e lo invia al cervello che ci rende consapevoli di aver visto qualcosa. La retina deve il suo funzionamento a speciali cellule chiamate coni e bastoncelli; i coni sono circa 4,5 milioni e sono specializzati nella visione dei colori, ma riescono a funzionare bene solo se la luce è intensa; i bastoncelli sono 90 milioni e funzionano quando la visibilità è scarsa, ma non sono in grado di riconoscere i colori, ecco perché di notte tutto ci appare in bianco e nero. La vista ha un ruolo anche nel mantenerci in equilibrio e potete averne dimostrazione provando di stare in piedi su una gamba sola ad occhi chiusi: è difficilissimo.

Viaggio nel mondo dei sensi. Perché un semplice suono può essere inquietante: il senso dell’udito
Quando a scegliere è l’istinto. I suoni arrivano nel ventre materno, anche se un po’ modificati a causa della presenza del liquido amniotico; nel terzo trimestre di gravidanza, il feto è in ascolto e alla nascita ricorderà le voci che ha sentito più di frequente. In generale, i suoni che udiamo possono avere su di noi un effetto sorprendente; il suono ha il potere di rendere inquietante anche la scena più tranquilla. Noi siamo molto sensibili a tutti i suoni che possono essere legati a segnali di allerta e allarme. Il nostro udito è tarato per captare subito una voce umana, esempio un grido. L’effetto dei suoni è cosi potente che li percepiamo anche durante il sonno e anche senza svegliarci.
Come funziona il senso dell’udito. I suoni sono minuscoli movimenti delle molecole dell’aria, le nostre orecchie captano queste lievi increspature, le onde sonore. Le onde sonore sono incanalate nel condotto uditivo fino al timpano, l’aria che si muove fa vibrare il timpano, poi queste vibrazioni sono amplificate da tre ossicini interdipendenti. I tre ossicini sono collegati ad un tubo, la coclea, pieno di fluido. Le vibrazioni delle ossa creano delle increspature nel fluido facendo muovere file di microscopiche cellule ciliate; quando le cellule ciliate si piegano inviano segnali nervosi al cervello che distingue di che suono si tratta. Percepiamo così una buona gamma di suoni diversi.

Quali suoni percepiamo e quali non percepiamo. I suoni hanno fondamentalmente due caratteristiche: la frequenza, ossia il tipo di suono, che si misura in Hertz (Hz) e l’intensità, ovvero il volume, che si misura in Decibel (dB). Noi possiamo percepire una frequenza tra i 20 e i 20.000 Hz, ma in realtà un adulto medio percepisce fino a 15.000 Hz. Alcuni animali sentono meglio di noi; i cani sentono fino a 45.000 Hz, i gatti fino a 65.000 Hz, i pipistrelli fino a 110.000 Hz, i mammiferi marini fino a 150.000 Hz; gli elefanti, invece, all’opposto, percepiscono solo suoni con una frequenza bassissima, fino a 16 Hz.

L’orecchio e l’equilibrio. L’orecchio ci permette anche di mantenerci in equilibrio. La serie di minuscoli tubi e camere controlla ogni movimento fatto dalla testa; i tubi sono pieni di fluido e rivestiti di cellule ciliate, quando incliniamo la testa, il fluido si muove e fa piegare le cellule ciliate che inviano segnali al cervello; i tubi vanno in tre diverse direzioni, così possiamo sentire il movimento in tre dimensioni. Il senso dell’equilibrio nell’orecchio ci fornisce una informazione vitale: dov’è il sopra e dove il sotto. Ci sono sensori anche negli arti e nel tronco, così il cervello sa cosa sta facendo il corpo e può inviare segnali appropriati ai muscoli, affinché ci tengano in piedi. Anche la vista, come ho spiegato poco innanzi, ha un ruolo importante nel mantenerci in equilibrio.
Viaggio nel mondo dei sensi. Perché le mani e la bocca sono sensibilissime: il senso del tatto
Quando a scegliere è l’istinto. Le sensazioni tattili in utero sono limitate, per via della presenza del liquido amniotico, e riguardano i contatti con le pareti dell’utero. La sensibilità tattile, però, comincia a svilupparsi molto precocemente, già dalla sesta settimana di gestazione, tant’è che alla nascita i neonati hanno un estremo bisogno di essere toccati e di toccare.

Dove la pelle è più sensibile. La nostra pelle è molto sensibile in certi punti: le mani e la bocca. Quando ci tagliamo con un foglio di carta su un dito, il dolore ci appare molto forte, sproporzionato alla ferita, ma non è così se ci feriamo su una gamba; questo succede perché le mani sono fondamentali per raccogliere informazioni dall’ambiente che ci circonda, quindi è importante che siano molto sensibili; le gambe, invece, sono abitualmente esposte a piccoli urti o traumi. La particolare sensibilità di bocca e lingua, analogamente alle mani, è dovuta al loro ruolo di ricevere informazioni, in questo caso sul cibo che ingeriamo; bocca e lingua sono sensibilissime anche perché hanno un ruolo molto importante nell’accoppiamento.
Come funziona il senso del tatto. Sulla superficie della pelle sono inseriti milioni di recettori del tatto che trasmettono le sensazioni direttamente al cervello. I recettori sono specializzati nel recepire il contatto, il caldo, il freddo, il dolore. Il grado di sensibilità varia da zona a zona. I recettori del tatto analizzano solamente caratteristiche di base, come la pressione, la temperatura e le minime variazioni sulla pelle, dopodiché inviano queste informazioni al cervello con segnali nervosi. Il tatto non ci dice solo cosa ci tocca, ci avvisa anche di un’intensità eccessiva; succede allora che vengono accesi i ricettori del dolore, i quali inviano un segnale d’allarme al cervello. Il cervello, dal canto suo, ha potere discrezionale, ossia può decidere che non è grave, quindi ignorare il segnale che proviene dalla pelle (i fachiri ne sono un esempio estremo); insomma, con il cervello possiamo controllare l’intensità del dolore. Quando, invece, il cervello accetta il segnale di pericolo, innesca una serie di meccanismi che ci permettono di fuggire; sale il livello di adrenalina che fa contrarre i vasi sanguigni superficiali, il sangue viene convogliato verso gli organi vitali e verso i muscoli che sono così pronti a scattare; sale anche il cortisolo che mobilita altre riserve energetiche e ci rende meno sensibili al dolore. Emozioni come la paura (in questo caso del dolore) hanno la forza di farcelo sembrare più intenso di quello che è in realtà.

Cos’è l’effetto placebo
L’effetto placebo è la dimostrazione del potere del pensiero sulle manifestazioni fisiche. E’ stato provato che, se viene dato ad un paziente una pastiglia di farina e zucchero, ma dicendogli che è un farmaco molto efficace, si ha lo stesso effetto di un farmaco realmente efficace; stesso discorso lo si al contrario, ossia se viene detto ad un paziente che starà male, è quello che succederà, anche se non ci sono motivi (effetto nocevo). L’effetto placebo è molto utile perché è assente di effetti collaterali e, in caso di malattie serie, è un sostegno psicologico, ovviamente da abbinare a farmaci veri.
Viaggio nel mondo dei sensi. Affinità elettive: cosa guida l’attrazione fisica
Perché ci sentiamo attratti da una persona, piuttosto che da un’altra? L’attrazione fisica è guidata istintivamente verso sistemi immunitari differenti dal nostro, perché la prole che eredita i geni da due persone con sistema immunitario molto diverso è più protetta contro le infezioni, dunque ha più probabilità di sopravvivere. Quando si verifica questa affinità elettiva, entrano in azione tutti sensi, con il tatto stimoliamo la produzione di endorfine (l’ormone del piacere), con l’olfatto avvertiamo l’odore gradevole, con la vista apprezziamo le qualità estetiche e le pupille si dilatano (tant’è che dobbiamo chiudere gli occhi durante un bacio), con l’udito ci crogioliamo di parole e con le labbra entriamo in contatto con la saliva che contiene una quantità molto alta di testosterone, l’ormone del desiderio. Quando, invece, l’incontro non è affine, produciamo cortisolo ed adrenalina, gli ormoni dello stress, così lo stimolo che ci domina è l’allontanamento. Difficile mentire con un bacio.

Un freno all’invecchiamento dei sensi
I sensi crescono con noi affinandosi e maturando, raggiungono un apice e poi si verifica una decrescita che accelera dopo gli 80 anni. Tuttavia, l’invecchiamento dei sensi si può contenere e addirittura prevenire. Occorre mettere in campo uno stile di vita sano, fatto di esercizio fisico quotidiano, sana alimentazione, gestione dello stress, allenamento quotidiano della memoria, integrazione alimentare, stimolare la curiosità con viaggi e nuove esperienze, evitare le abitudine, provare qualcosa di nuovo.
Buona vita!
Cinzia Malaguti
Alcune informazioni contenute in questo articolo sono tratte dal documentario di Alberto Angelo Ulisse: il piacere della scoperta, 2016, Rai Play