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Cesare Pavese

Cesare Pavese fu uno dei maggiori scrittori e poeti del Novecento. La caratteristica che più lo distingue, sia nella letteratura che come uomo, è l’ambivalenza e la contrapposizione: tra campagna e città, tra mito e realtà, tra apatia ed impegno politico. Traduttore di testi della letteratura americana, rimase influenzato dalla loro crudezza realistica. Collaborò a lungo con la casa editrice Einaudi e vinse il premio Strega con La bella estate (1949). Conflitti interiori e crisi sentimentali segnarono la sua vita.

Cesare Pavese nacque a Santo Stefano Belbo, provincia di Cuneo, nel 1908, sulle campagne collinari delle Langhe. Nel 1930 si laureò in Lettere e Filosofia all’Università di Torino con una tesi sul poeta americano Walt Whitman, dopodiché incominciò l’attività di traduttore e supplente. Dal 1931 incominciò a pubblicare, sulla rivista Cultura, una serie di saggi sulla letteratura nord americana, di cui era appassionato ed estimatore. Nel 1932 consegnò la traduzione di Moby Dick di Melville e nel 1934 quella del Dedalus di Joyce. Nel 1934 prese il posto di Leone Ginzburg (arrestato per attività antifascista) alla direzione della rivista Cultura. Nel 1936 pubblicò la raccolta di poesie Lavorare stanca, nel 1942 uscì Paesi tuoi, nel 1946 pubblicò Feria d’agosto, poi nel 1947 i Dialoghi con Leucò e Il compagno; nel 1948 fu la volta di La casa in collina e nel 1949 quella di La bella estate che, l’anno dopo, vinse il Premio Strega. La luna e i falò venne pubblicato nel 1950, anno della sua ennesima crisi sentimentale. Morì suicida nell’agosto del 1950. Postume vennero pubblicate le poesie Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi e La letteratura americana ed altri saggi (1951) ed il diario Il mestiere di vivere (1952).

La contrapposizione campagna / città

Quello della contrapposizione campagna / città è un tema ricorrente nelle poesie e nei romanzi di Cesare Pavese. La campagna rappresenta il mondo dell’infanzia, dell’evasione, della fantasia, a cui si contrappone la città, il luogo dell’impegno, della responsabilità, degli adulti, del lavoro, ma anche dell’infelicità e delle paure.

La passione per la letteratura americana

L’Italia ai tempi di Pavese era un paese chiuso, ma i testi tradotti da Pavese (e da Vittorini) portarono aria nuova, novità culturale. Per Cesare Pavese la letteratura americana era portatrice di vitalità, di realismo; tradusse molti testi con grande passione e la sua letteratura ne fu influenzata. Il romanzo Paesi tuoi (1941) è un omaggio alla letteratura americana per temi, personaggi, atmosfere ed è quello in cui più manifestamente si dimostra l’influenza in Pavese di una certa letteratura americana fatta di crudezza realistica e di demistificazione del mondo contadino. Paesi tuoi  è la storia dell’incontro tra un operaio cittadino (Berto) e un contadino astuto (Talino); si conoscono in prigione e quando Berto esce raggiunge l’amico in campagna; nella storia s’inserisce la sorella del contadino che finisce uccisa dal fratello per gelosia.

Alla ricerca del mito

Per Cesare Pavese senza mito non c’è poesia. E’ con i Dialoghi con Leucò (1947) che Pavese andò alla ricerca di un confronto tra il mondo primitivo e quello classico, andò alla ricerca di un qualcosa che li collegasse. Dialoghi con Leucò sono 26 dialoghi tra dei ed eroi della mitologia greca e sono il punto di arrivo delle riflessioni sul primitivo, sul selvaggio, sul simbolo e sul rito, in una sorta di ricerca antropologica. Il tema del mito c’è anche in Feria d’agosto (1946) dove il recupero dell’infanzia e la formazione dei miti sono i temi della raccolta di racconti e saggi. Anche il mito della virilità fu presente in tutta la narrativa di Cesare Pavese e determinò conflitto d’idee ed ambiguità politica; egli disse che la virilità, la vera forza, l’autenticità l’avevano i fascisti, ma i suoi migliori amici furono antifascisti (es.: Pintor, Ginzburg).

Assenza e presenza

Il periodo della guerra fu molto complicato, da un punto di vista interiore, per Cesare Pavese, Egli, mentre i suoi migliori amici antifascisti combattevano e morivano, visse la guerra da lontano, nascosto nelle Langhe. Successivamente, probabilmente per lavarsi da un dubbio di vigliaccheria, s’iscrisse al Partito Comunista, ma non essendo comunista visse un rapporto molto difficile con esso. Questo travaglio interno è ben raccontato nel romanzo La casa in collina (1948); racconta di Corrado (ma in realtà racconta di sé stesso!) che si sottrae al conflitto ed alla guerra, si nasconde, non partecipa a nulla. In La casa in collina, uno dei libri più belli di Cesare Pavese, c’è un intreccio tra solitudine individuale, impegno civile e turbamento religioso.

Cesare Pavese fu scrittore di crudo realismo e uomo di grande inquietudine, caratteristiche che si alimentarono a vicenda.

Cinzia Malaguti

Videografia: video documentario I grandi della letteratura italiana – Cesare Pavese su Rai Play