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Letteratura – E. Zola: Germinale

Germinale di Emile Zola è un classico della letteratura francese dell’Ottocento; è un romanzo di grande impronta sociale, ambientato nella vita dei minatori. Tra rassegnazione e scioperi, fallimenti e speranze, i semi della loro rabbia un giorno faranno emergere i fiori della giustizia; allora la fatica e la disumanità del lavoro in miniera, sotto terra, come i semi che gettano radici nei cambi e poi fanno emergere i fiori, così quegli uomini anneriti dal carbone, un esercito nero, vendicatore, crescerà e germoglierà lentamente per le raccolte del secolo futuro. L’ultima parte del romanzo è davvero sorprendente e piana di colpi di scena, da grande maestro della letteratura.

Germinale è ambientato durante la seconda rivoluzione industriale, racconta la storia di una classe operaia, quella mineraria, delle sue lotte per migliorare le condizioni di lavoro e di vita, ma anche dei tanti scoraggiamenti, delle tante frustrazioni, della rassegnazione, delle morti sul lavoro e della grande miseria, da cui non può che emergere, prima o poi, una nuova primavera.

Germinale è un mese del calendario rivoluzionario francese corrispondente all’inizio della primavera e la primavera è sinonimo di rinascita, di fioritura, di germogli e di nuove foglie; nel Germinale di Emile Zola la rinascita è quella della classa operaia dei minatori.

minatori
minatori

Emile Zola sta alla scrittura come l’impressionismo sta alla pittura; Emile Zola attinge direttamente dal reale, osserva attentamente, viaggia e si informa in prima persona, poi elabora i suoi romanzi con abbondanza di dettagli descrittivi e di richiami temporali e spaziali. Con Emile Zola, per la prima volta nella storia della letteratura, i problemi della società prorompono in tutta la loro crudezza nelle pagine di un libro, come grandi reportage.

In Germinale, superlativa è la descrizione dei luoghi dove la miniera viene descritta come una bestia malvagia, infossata in fondo alla sua tana, il cui respiro che esce dalle ciminiere si fa sempre più lungo e pesante, quasi soffrisse per la faticosa digestione di tanta carne umana. Il giovane Etienne diventa minatore, costretto dalla fame a scendere nelle fauci di quella bestia, ma – come una sorta di nuovo Teseo -presto convincerà i compagni a ribellarsi. Il passaggio dal reale al simbolico è presente sin dalle prime pagine del romanzo che si colora così di un’atmosfera mitologica.

Il lavoro dei minatori viene descritto nei minimi particolari, piegati o striscianti in stretti cunicoli, i minatori sono come insetti umani che scavavano la roccia a seicento metri sotto terra, dove l’aria non è più aria, così carica di polvere e di grisù. I minatori vengono pagati a cottimo, un tot ad ogni carico di carbone portato in superficie; lavorano in condizioni disumane per quattro soldi sotto terra, tra aria gelida, umidità che gonfia le ossa, caldo asfissiante e rischi di crolli mortali.

minatore in una miniera di carbone
minatore in una miniera di carbone

Il tempo è anche uno dei protagonisti di questo romanzo; nella prima parte, il tempo scorre sempre uguale, dalle case dei minatori, prive di intimità e dove le persone dormono in due in un letto, al pozzo della miniera e dal pozzo della miniera alle case, poi qualche volta al bar ed una volta ogni quindici giorni in paese a prendere la paga. Dopo il risveglio della consapevolezza della loro miseria, ma anche della loro forza, il tempo diventa elastico; con l’inizio dello sciopero i minatori cominciano a vivere in un mondo senza tempo, proiettati verso quella città ideale prospettata dal giovane Etienne. Anche l’utilizzo della parola subisce un cambiamento: prima era sottomessa e usata solo per compiacere al potere, ma poi, nella foresta di Vandame, quando i minatori prendono consapevolezza della propria forza e decidono di ribellarsi, le loro lingue si sciolgono e la parola diventa un canto finalmente liberato dalla prigione dell’abitudine.

Anche la descrizione e l’interpretazione dell’ambiente borghese sono interessanti, soprattutto quando mette in luce che il loro guscio protettivo di sicurezza e benessere è una gabbia che li isola nel loro egoismo e li allontana dalla vita; magistrale la scena del vecchio Bellamorte con la giovane Cécile.

Lo sciopero dei minatori poi fallisce e la gente arriva a rimpiangere quelli che sono morti invano e ad incolpare gli audaci di averli fatti sognare, ma questo ripiegamento sarà solo transitorio.

L’ultima parte del romanzo è quella più drammatica, ma porta ad una luminosa conclusione: tra fatiche e rassegnazione, il germe della speranza e della vita, prima o poi, farà crescere un nuovo mondo.

Per la stesura di Germinale (1885) lo scrittore visita la miniera di Anzin, nel nord della Francia, uno dei più grandi centri minerari dell’epoca che gli permette di verificare le informazioni raccolte in diverse letture, ma anche di cogliere meglio l’ambientazione, gli umori, le caratteristiche umane, ambientali e sociali.

Buona lettura!

Cinzia Malaguti

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