La famiglia nell’antichità
Studiando il diritto di famiglia dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma si ha la conferma che l’istituzione famigliare e le sue regole che sanciscono il ruolo della donna e dell’uomo al suo interno, non sono altro che il riflesso dell’organizzazione socio-economica di una comunità. In entrambi i casi abbiamo a che fare con una società patriarcale dove l’uomo, principale produttore di ricchezza, aveva bisogno di garantirsi il controllo sugli eredi, attraverso la sottomissione della donna e dei figli.
Sia nell’Antica Grecia che nell’Antica Roma, la famiglia era la cellula della società.
Il diritto di famiglia nell’Antica Grecia
Nell’Antica Grecia il matrimonio non era suggellato da grandi cerimonie come nell’Antica Roma, ma sancito dalla coabitazione tra i coniugi, preceduta da un fidanzamento formale, nel corso del quale il padre della donna la prometteva in sposa al futuro marito e le assegnava una dote (legislazione di Solone, 594 a.C.).
Ad Atene, la moglie aveva l’obbligo di fedeltà coniugale e, in caso di adulterio, il marito aveva il diritto di uccidere l’amante se colto in flagrante e ripudiare la moglie. I mariti, invece, potevano lecitamente mantenere una concubina e, a discrezione dell’uomo, legittimare gli eventuali figli.
Nell’Antica Grecia i figli maschi erano assoggettati al padre fino al compimento del diciottesimo anno di età, quando cominciavano a condividere con lui il governo della famiglia e, alla sua morte, ne diventavano gli eredi. Le figlie femmine erano assoggettate al padre fino al matrimonio … al passaggio di consegne.
Nel diritto dell’Antica Grecia l’eredità spettava esclusivamente ai figli maschi.
Il diritto di famiglia nell’Antica Roma
Nell’Antica Roma i poteri del capofamiglia erano molto maggiori che nell’Antica Grecia. Il matrimonio veniva sancito con una cerimonia con la quale il marito acquistava sulla moglie un potere molto forte che si chiamava manus e gli conferiva addirittura il diritto di vita e di morte della consorte.
A Roma la moglie aveva l’obbligo di fedeltà coniugale e, in caso di adulterio, il marito poteva ucciderla se scoperta in flagrante o ripudiata se non c’era flagranza; in modo analogo era punito l’amante. La disciplina cambiò con il matrimonio sine manu con il quale i mariti cessarono di acquistare il potere sulle mogli, che continuarono ad essere soggette ai padri. Augusto, nel 18 a.C., riformò ulteriormente la materia: il marito non poteva più uccidere al moglie, ma solo l’amante, se scoperto in flagranza e se appartenente ad una bassa classe sociale; marito e padre avevano, comunque, l’obbligo di denunciare l’adulterio e la condanna era il confino; Ventotene e le isole Tremiti erano fra le destinazioni degli adulteri.
Nel diritto di famiglia romano più antico c’era pure la punizione alle donne che bevevano vino, probabilmente perché i mariti temevano che il vino le facesse perdere i freni inibitori e, di conseguenza, fossero più portate a commettere adulterio.
L’obiettivo di tutte queste regole di controllo sulla donna era di garantire che gli eredi fossero veramente del marito.
Se con l’andare dei secoli, la sottomissione della moglie al marito nel diritto dell’Antica Roma perse almeno una parte di quel rapporto di schiavitù in precedenza sancito con la manus, così non fu nel potere dei padri sui figli. A differenza del diritto di famiglia dell’Antica Grecia, in quello romano il potere dei padri sui figli non cessava mai, finché il padre era in vita; secondo le norme più antiche, il padre poteva arrivare anche ad uccidere il figlio maschio, se avesse attentato allo Stato, e la figlia femmina, se avesse avuto rapporti sessuali senza essere sposata. Finché il padre era vivo, inoltre, i figli non potevano avere un proprio patrimonio personale, fatto questo che fu modificato durante il periodo dell’Impero (I secolo d.C.), a causa dei numerosi parricidi che si verificarono.
Nel diritto dell’Antica Roma, alla morte del padre tutti i figli, maschi e femmine, erano eredi in pari misura, così come anche la moglie, se sposata secondo il matrimonio che prevedeva la manus in capo al marito.
Le origini
Come avete notato alcune differenze distinguono il diritto di famiglia dell’Antica Grecia da quello dell’Antica Roma, principalmente legate al grado di autonomia dei figli e della moglie.
I figli degli antichi greci acquisivano l’indipendenza dal padre con il compimento dei diciotto anni e il controllo del marito sulla moglie non raggiunse mai il diritto di decidere della sua vita e della morte, come nel diritto romano antico.
La diversa dottrina è da imputare alla diversa natura economica, quindi alle diverse esigenze delle due società: essenzialmente mercantile la greca, contadina la romana. Le esigenze del commercio in Grecia richiedevano che i figli godessero di una maggiore autonomia per viaggiare e contrattare, mentre le regole della campagna esigevano sottomissione per il lavoro duro e disciplinato.
Dell’origine della sottomissione della donna in entrambi i diritti di famiglia ho già parlato dicendo che l’obiettivo di tutte quelle regole di controllo sulla donna era quello di garantire che gli eredi fossero veramente del marito.
I cambiamenti lenti
I cambiamenti sono stati così lenti che tracce della famiglia antica sono giunte fino a noi. In Italia, fino al 1969 l’adulterio commesso dalla moglie era considerato un reato, fino alla riforma del 1975 la moglie era obbligata a seguire la residenza del marito e solo dal 2013 il codice civile equipara i figli naturali ai figli legittimi.
Cambiamenti lenti, molto lenti e, al di là delle leggi, permangono ancora, almeno in alcune aree del paese, comportamenti aberranti, come il femminicidio o altre forme di violenza sulle donne, che trovano presa ed affinità nel diritto di famiglia dell’Antica Roma, risalente a più di 2000 anni fa!
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
Storica NG nr. 87
G. Franciosi, Famiglie e persone in Roma antica. Dall’età arcaica al principato, Torino, Giappichelli, 1995
J. Carcopino, La vita quotidiana a Roma, Roma-Bari, Laterza, 1967
P. Fauré, La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra di Troia, Milano, Rizzoli, 1995