Da giocatore della gloriosa Spal ad allenatore, l’intervista
Ho intervistato Marco, giocatore di calcio nella gloriosa Spal di Ferrara degli anni Settanta, poi allenatore del settore giovanile nel Bolognese ed ora Mister di una squadra di Seconda Categoria.
La sua storia calcistica è fatta di passione, talento e casualità. Scopriamola insieme.
D. Raccontaci la tua storia calcistica nella Spal?
R. All’età di 12 anni andai ad un provino della Spal, accompagnando un mio amico, eravamo all’ex velodromo di Ferrara, tanti bambini della mia età, iniziammo a fare una partita poi chiamarono dei nomi e fra questi c’era anche il mio; ci tornai altre due volte e alla fine mi dissero che avrebbero parlato con i miei genitori. Un signore una sera venne a parlare con mio padre per tesserarmi con la società, mio padre gli disse che era prossimo il nostro trasferimento di casa a San Giovanni in Persiceto, ma quel signore gli disse che non c’erano problemi perché, se acconsentivano, sarei andato a vivere al Centro Addestramento Giovanile Spal; da qui iniziò la mia vita al centro, alla mattina andavo a scuola e nel pomeriggio facevo gli allenamenti; in questo centro c’erano le camere, la palestra, sale da gioco, ecc..; per un anno e mezzo facevo solo gli allenamenti perché a quei tempi il tesseramento era consentito solo al 14° anno di età. Compiuti i 14 anni, ho giocato in tutte le categorie e sono rimasto nella Spal fino ai diciotto anni. Nel Centro ho fatto esperienza sia di vita sportiva che di vita sociale. Causa infortunio, ho poi dovuto rinunciare alla carriera calcistica continuando a giocare nelle categorie minori.
D. In quale ruolo giocavi nella Spal?
R. Il mio ruolo era laterale sinistro, essendo io mancino.
D. Con questa esperienza avresti potuto allenare squadre di prima categoria , cosa ti ha spinto a scegliere il settore giovanile?
R. Non mi sono mai piaciuti i ruffiani, i leccaculo, la medicina nociva nello sport e i parassiti. Allenando i ragazzini li vedi crescere ed ho potuto insegnare quanto imparato da giovane, non solo a livello calcistico ma anche a livello sociale ed umano.
D. Quali categorie del settore giovanile hai allenato?
R. Tutte, dai pulcini agli juniores, quindi dai 6 anni ai 18.
D. Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato?
R. Le difficoltà maggiori nel settore giovanile sono i genitori perché credono di avere già un campione in casa; la madre è spesso troppo protettiva, mentre il padre vorrebbe che il figlio facesse ciò che lui non è riuscito a fare, entrambi pensano di avere un “bancomat” anziché un figlio.
D. Quali sono state le soddisfazioni maggiori?
R. Le soddisfazioni maggiori sono quelle di avere insegnato a dei ragazzi favolosi e di averli visti crescere e giocare in categorie importanti ed affermarsi nel mondo lavorativo con serietà.
D. Quali qualità deve avere un giocatore per diventare un campione nel calcio?
R. Per diventare un campione di calcio bisogna averlo già nel DNA, dopodiché fare molti sacrifici ed incontrare le persone giuste.
D. Qualcuno dei ragazzi che hai allenato ha fatto o pensi che farà strada nel mondo del calcio?
R. Sicuramente ho incontrato ragazzi che credevo facessero una buona carriera, poi per motivi di studio, famigliari o infortuni, purtroppo, non si è concretizzata.
D. Ora alleni una squadra di adulti, perché questo cambiamento?
R. Dopo tanti anni, soprattutto per un’insistenza di amici dirigenti, mi sono convinto a provare anche questa esperienza.
D. Cosa ti senti di consigliare ad un ragazzino che vuole imparare a giocare a calcio?
R. Di usare il gioco del calcio come un gioco, poi se capisce di avere un qualcosa in più, deve essere convinto che, per raggiungere determinati obiettivi, ci vogliono tanti sacrifici, d’altra parte come nella vita.
D. Cosa ti senti di consigliare ai suoi genitori?
R. La miglior squadra di un settore giovanile, sia per l’allenatore che per i ragazzi, dovrebbe essere composta da orfani, quindi il consiglio è quello di lasciare che il ragazzo viva la sua esperienza, senza aspettative ed apprensioni.
Grazie.
Cinzia Malaguti