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Riflessioni sulle migrazioni e sul caso Gorino

Gorino è un piccolo paese sul Delta del Po ferrarese divenuto famoso per aver impedito, ad alcune donne e bambini migranti, di alloggiare nel locale ostello. Specchio di malsane paure alimentate da politici opportunisti, rimane il fatto che su circa ottomila comuni italiani solo circa duemila hanno accettato di accogliere i migranti. Proviamo a capire dove sta il problema.

Gorino, barricate anti-migranti (Fonte foto Ansa)
Gorino, barricate anti-migranti (Fonte foto Ansa)

Molti italiani hanno paura che l’immigrazione aumenti la criminalità, partendo dal presupposto che, siccome c’è poco lavoro in Italia, gli immigrati per sopravvivere si mettano a rubare o a vendere droga. La realtà è che, dati statistici alla mano, i reati non sono aumentati con l’aumento dell’immigrazione. Poi, diciamoci la verità, la criminalità l’abbiamo già in casa, non c’è bisogno di prendercela con gli immigrati, caso mai dovremmo pensare di proteggerli affinché non ne siano preda.

I migranti che arrivano in Italia, in parte fuggono da guerre, ma per lo più sono alla ricerca di migliori condizioni di vita. Anche se nei loro paesi di provenienza non morivano di fame, parliamo di paesi africani arretrati, conflittuali e spesso a regime dittatoriale. Vendere terre o bestiame per intraprendere un viaggio di speranza per un domani migliore mi fa ricordare le migrazioni italiane verso gli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso; anche loro si sono dovuti pagare il viaggio e, probabilmente, anche molti di loro hanno dovuto trattare con trafficanti. Qualcuno dice che i migranti di oggi, con quei soldi potevano prendere un mezzo più sicuro come l’aereo, anziché mettere a rischio la propria vita con una carretta del mare e finanziare i trafficanti; questo pare loro un motivo sufficiente per affermare che nascondono qualcosa, magari un passato di delinquenza; ma la realtà è diversa, sempre ammesso che gli costi meno prendere un aereo, significa comunque avere un passaporto e, in quei paesi, non è facile; non è facile ottenere un passaporto, non perché ci siano dei reati di mezzo, bensì perché parliamo di paesi spesso a regime dittatoriale o quasi, dove espatriare legalmente comporta talmente tanti ostacoli da scoraggiare chiunque. La via dei trafficanti diventa allora più facile, anche se molto più rischiosa per la vita.

Barcone di migranti approda a Lampedusa, fonte ANSA
Barcone di migranti approda a Lampedusa, fonte ANSA

Arrivati in Italia, una delle porte d’ingresso in Europa, la loro presenza è fonte di problemi immediati: il riconoscimento, l’assistenza alimentare, sanitaria ed abitativa, a cui deve seguire il loro inserimento attivo nelle società europee o il loro rimpatrio. Qui si dovrebbe ragionare in termini europei, di continente, dopo il riconoscimento dovrebbe seguire l’ordinata distribuzione sui territori europei e, all’interno di ogni paese europeo, nei vari comuni. Frammentare la distribuzione territoriale dei migranti è l’unico modo per ottenere un inserimento utile e fattivo nelle varie comunità e prevenire esplosive concentrazioni o accampamenti che alimentano, quelle sì, reati e criminalità; casi come quello di Calais in Francia, un campo, anzi un assembramento di migliaia di migranti, è quanto di più controproducente possa fare l’Europa. Serve un po’ di lungimiranza ed intelligenza da parte dei governanti europei, ma soprattutto un ruolo più incisivo delle istituzioni comunitarie.

Il campo di Calais, Francia
Il campo di Calais, Francia

Basta poi anche a certi partiti che strumentalizzano le paure della gente a fini elettorali anziché cercare di placarle e di convogliarle su terreni più razionali e costruttivi. Il fenomeno delle migrazioni non si ferma, né si gestisce, con gli slogan, le barricate, i “prendili te”, i “mandiamoli a casa sua” o i “rimandiamoli a casa loro”.

Cinzia Malaguti

 

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