Roger Casement e la lotta contro il colonialismo
Roger Casement è stato un diplomatico britannico d’origine irlandese nato nel 1864 e morto per impiccagione a Londra nel 1916. Vissuto durante il colonialismo, ha trascorso molti anni in Congo dove ha preso coscienza degli orrori ai danni delle popolazioni locali e dello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali.
Roger Casement è stato uno dei primi ad aver denunciato le violenze del colonialismo. Le brutalità del colonialismo lo hanno poi portato a riflettere sulle sue origini irlandesi e sul fatto che pure l‘Irlanda fosse una colonia britannica, al punto da fare accordi con la Germania, durante la prima guerra mondiale, in cambio dell’indipendenza irlandese. Le cose non andarono però bene, così Roger Casement venne arrestato, imprigionato ed impiccato a Londra per alto tradimento.
Il colonialismo fu un affare per i colonialisti, ma non per i popoli colonizzati che dovettero mettere a disposizione le loro braccia per la costruzione di strade, ponti, imbarcaderi, fattorie, senza nulla in cambio, né salari, né indennizzi. Le infrastrutture erano necessarie, non per la civilizzazione dei popoli africani, ma per lo sfruttamento delle risorse naturali che sarebbero poi state esportate nei paesi colonizzatori per alimentare le loro industrie. Il colonialismo mise in opera lo sfruttamento su larga scala delle popolazioni africane e delle risorse naturali, con metodi schiavisti.
La storia di Roger Casement mette in luce le sue prime motivazioni nobili, sincere, a favore del colonialismo, quale aiuto concreto alla civilizzazione delle popolazioni africane, per poi rendersi conto degli orrori che venivano invece praticati e che lo portarono a denunciare il colonialismo in Congo e anche in Amazzonia.
Il Congo era sotto il controllo del re del Belgio, Ludovico II, alleato della Gran Bretagna; Roger Casement fu inviato in Congo per formare il consolato britannico, ma ne uscì con un report di denuncia che venne pubblicato a Londra, ma con completa censura dei nomi, su pressione di Leopoldo II e delle compagnie commerciali britanniche che in Congo facevano affari.
In Congo i colonialisti portavano via avorio, pelli e balle di caucciù, la “plastica” naturale. I nativi dovevano abbandonare le semine, la pesca, la caccia, i riti e le usanze per trasformarsi in guide, portatori, cacciatori o raccoglitori di caucciù, senza ricevere alcun salario. Un buon numero di concessionari, amici e favoriti del monarca belga Leopoldo II fecero in poco tempo grandi fortune, soprattutto lui.
Fu durante il colonialismo in Congo che venne inventata la chicote, una frusta nodosa fatta con la durissima pelle di ippopotamo, capace di provocare più bruciore, sangue, cicatrici e dolore di qualunque altro scudiscio; la chicote, assicurata ad un piccolo manico di legno, veniva arrotolata o sospesa sulla spalla da sorveglianti, guardie e carcerieri ed usata per intimorire o punire i nativi che non ubbidivano. Ai nativi disobbedienti venivano a volte anche mozzate le mani o schiacciate con il fucile.
Non era facile reclutare manodopera dai villaggi e spesso gli uomini giovani si nascondevano nei boschi per sfuggire ai reclutamenti, allora cominciavano le spedizioni punitive, i reclutamenti forzati e le donne dei villaggi venivano rinchiuse nelle cosiddette maisons d’otages per assicurarsi che i mariti consegnassero le quote di caucciù stabilite. In queste case le donne erano rinchiuse in tante al punto che non riuscivano neppure a sedersi e, qualora i mariti non riuscivano comunque a raccogliere tutto il caucciù richiesto, venivano picchiate, lasciate morire di fame o di malattia o fatte schiave di sesso.
Gli orrori del colonialismo in Congo non furono molto diversi da quelli in Amazzonia, dove Casement ebbe modo di fare tra gli indiani di Putamayo un lavoro simile a quello che aveva fatto in Congo, cioè di indagine e denuncia.
Di fronte a tanto orrore, Roger Casement divenne un nazionalista ed indipendentista irlandese, arrivando ad odiare la Gran Bretagna, a tradirla attraverso trame con la Germania, per essere poi arrestato ed impiccato a Londra per altro tradimento. Per screditarlo furono anche diffuse ad arte chiacchiere diffamatorie su sue presunte tendenze omosessuali.
Roger Casement fu uno dei grandi combattenti anticolonialisti e difensori dei diritti umani e delle culture indigene del suo tempo ed un militante sacrificatosi per l’emancipazione dell’Irlanda.
Roger Casement morì impiccato a Londra nel 1916, ma solo nel 1965, il governo inglese di Harold Wilson permise che le ossa di Casement venissero rimpatriate in Irlanda.
In ricordo di Roger Casement
A Ballyheigue, contea Kerry, Irlanda, in una piccola piazzetta che guarda il mare si erge la statua di Roger Casement, scolpita dall’irlandese Oisin Kelly.
Nel Kerry County Museum di Tralee vi è la macchina fotografica che Roger aveva portato nell’anno 1911 nel suo viaggio in Amazzonia e, se ne fa richiesta, il visitatore può vedere anche il cappotto di panno dozzinale con cui si copriva nel sottomarino tedesco che lo riportò in Irlanda.
Nel McKenna’s Fort vi è una colonna di pietra nera con iscrizioni in gaelico, inglese e tedesco, dove si ricorda che lì venne catturato dalla Royal Irish Constabulary il 21 aprile del 1916, mentre sulla spiaggia dov’era arrivato, la Banna Strand, nei pressi di Tralee nel Kerry, si erge un piccolo obelisco su cui compare il viso di Roger Casement.
A Roger Casement e al suo arresto è dedicata una delle più famose ballate tradizionali irlandesi, Lonely Banna Strand.
Per chi volesse approfondire la storia di questo combattente per i diritti umani e la libertà, consiglio la lettura del romanzo di Mario Vargas Llosa, Il sogno del celta.
Cinzia Malaguti
Bibliografia: M. Vargas Llosa, Il sogno del celta, Torino, Einaudi, 2011