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Olio del 79 dC al Museo Archeologico di Napoli

Olio del 79 dC. Al Museo Archeologico di Napoli, nei suoi magazzini, alcuni anni fa, venne rinvenuto il più antico olio ritrovato finora, un olio del 79 d.C.. Fu Alberto Angela, durante le riprese di una delle sue trasmissioni, a notare – per caso – una cassetta depositata nel magazzino del Museo; all’interno c’era una bottiglia di vetro contenente una strana sostanza solidificata; vennero fatte indagini e analisi che rivelarono trattarsi di quasi un litro d’olio risalente al tempo dell’eruzione del Vesuvio. Scoperta meravigliosa!

Dunque, è stato scoperto e identificato un olio d’oliva di quasi 2000 anni, il più antico del mondo. Tale scoperta risale al 2018 e si deve al popolare conduttore Alberto Angela. Angela si trovava nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli per girare un servizio di Superquark sui suoi magnifici depositi che custodiscono migliaia di reperti rinvenuti soprattutto a Pompei, Ercolano ed altri siti sepolti dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C..

Così racconta Alberto Angela: “Avevamo appena finito di filmare il settore dei reperti in vetro (bellissimi). E, poco prima di lasciare la stanza avevo notato una bottiglia di epoca pompeiana, coricata in una cassetta polverosa: al suo interno intravedevo del materiale solidificato in perfetto stato di conservazione. Sono ormai 25 anni che realizzo servizi, puntate o libri su Pompei e avevo intuito subito la portata scientifica e storica di quel reperto dimenticato nei depositi. Quella bottiglia si trovava nel Museo dal 1820, quando era stata scoperta durante alcuni scavi di età borbonica e collocata in questi sterminati depositi assieme a migliaia di altri reperti. Di quella bottiglia si era poi persa la memoria, soprattutto, nessuno l’aveva mai studiata. Non sapevo che cosa fosse quel materiale dentro la bottiglia. Essendo la sua superficie un po’ in pendenza, avevo pensato che in origine si trattasse di una sostanza liquida e che la bottiglia, nella violenza dell’eruzione, fosse stata sepolta semi-adagiata, rimanendo in quella posizione per secoli e portando quindi il liquido a solidificarsi inclinato”.

Gli studi e le analisi successive hanno rivelato che si tratta di olio di oliva, ma – naturalmente – alterato da circa 2000 anni, quindi è sopravvissuto molto poco delle tipiche molecole dell’olio d’oliva. I ricercatori dell’Università di Napoli hanno spiegato che i trigliceridi, rappresentanti il 98% dell’olio, si sono scissi negli acidi grassi costitutivi; gli acidi grassi insaturi si sono completamente ossidati generando degli idrossiacidi che, a loro volta, con una lenta cinetica, nel corso di circa 2000 anni, hanno reagito fra di loro formando dei prodotti di condensazione, gli estolidi, mai osservati in precedenza nei processi convenzionali, di alterazione naturale dell’olio di oliva. I ricercatori hanno specificato che si tratta del più antico campione di olio d’oliva a noi pervenuto in grandi quantità.

Il ritrovamento di questo olio del 79 dC testimonia l’importanza che la produzione ed il consumo di olio d’oliva aveva, già a quei tempi, per le popolazioni del bacino del Mediterraneo ed in particolare per gli Antichi Romani. Le olive venivano ampiamente coltivate nel territorio ed i ricercatori, rispetto a ritrovamenti precedenti, hanno rilevato anche una sorprendente evoluzione molecolare del prodotto, probabilmente dovuta a modifiche climatiche e/o di coltivazione.

Buona vita!

Cinzia Malaguti