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La crisi delle nostre democrazie

La crisi delle nostre democrazie è un fatto conclamato e l’astensionismo record alle ultime elezioni politiche, in gran parte del nostro Continente, ne è un segnale tanto forte quanto sottovalutato dalla politica. La perdita di credibilità delle istituzioni democratiche è, altresì, un fatto mondiale come dimostrano alcuni avvenimenti recenti: l’assalto a Capitol Hill a Washington del 6 gennaio 2021, l’assalto al parlamento brasiliano del 8 gennaio 2023, il Qatar gate emerso a fine 2022 nelle Istituzioni Europee.

La corruzione nel sistema politico, la crisi del nostro modello economico che ha creato lavoro povero e sta impoverendo il ceto medio, l’aumento delle diseguaglianze, l’emergenza climatica, l’appiattimento del dibattito politico su temi marginali hanno eroso la fiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche rendendo l’appuntamento elettorale un rito stanco e inutile a cui molti si sottraggono.

Senza una svolta, le nostre democrazie vanno a “sbattere”. Ma quale svolta e per andare dove? Due attori devono cambiare rotta: il sistema politico e il sistema economico.

Come ha scritto Carlo De Benedetti nel suo ultimo libro “Radicalità“, la radicalità è il cambiamento che serve all’Italia. Martin Wolf, editorialista del Financial Time, ha scritto che “sostenere una democrazia a suffragio universale con un’economia di mercato è impossibile se non serve gli interessi del popolo”.

la crisi delle nostre democrazie

Un capitalismo, come quello attuale, che pensa solo ad accumulare denaro senza alcun interesse per il bene comune, non può convivere a lungo con una democrazia a suffragio universale perché va contro gli interessi della maggioranza del popolo che è cardine della democrazia stessa. La crisi del modello economico è un fattore accelerante del tracollo di quello politico.

Allora, o si cambia rotta o addio democrazia, tra tensioni sociali e caos che possono aprire la strada all’arrivo dell’uomo “forte”, cioè a nuove dittature. D’altra parte, come afferma De Benedetti, “quasi un secolo fa, una combinazione di crisi economica, tensioni sociali e debolezza dei sistemi politici consolidati fece esplodere il mondo”. Certo, la storia non si ripete mai sempre uguale, ma certamente non è in quella direzione che la maggior parte delle persone vuole andare. Allora, che fare?

Siamo ad una svolta, se consapevoli dei rischi a cui andiamo incontro, possiamo reagire, non essere indifferenti o assuefatti. Prendiamo in mano la nostra vita e ricominciamo a fare movimento, a dire basta, a unirci per la difesa del bene comune. Ai capitalisti dico di aprire le loro menti perché se scoppiano tensioni sociali anche la loro vita diventa più difficile.

Servono idee concrete, serve una visione, servono proposte radicali di cambiamento. Ok, ma nella pratica cosa significa?

Porre rimedio all’emergenza ambientale

  • fermare il consumo del suolo; negare ogni ulteriore permesso di costruzione, dando spazio alla ricostruzione, all’ammodernamento, alla rigenerazione e alla riqualificazione;
  • incentivare le energie pulite, come il solare e l’eolico, per preservare l’ambiente ed essere meno dipendenti dagli idrocarburi importati; l’Olanda, che di certo non gode delle tante giornate soleggiate che abbiamo noi in Italia, produce più energia solare dell’Italia;

Porre rimedio alle disuguaglianze

  • introdurre il salario minimo, per combattere il lavoro povero. E’ applicato dal 2015 in Germania, fissato inizialmente a 8,5 euro l’ora, rivisto ogni due anni per adeguamenti all’inflazione, è da ottobre 2022 a 12 euro l’ora. Non ci si può affidare solamente ai contratti collettivi nazionali perché riguardano una minoranza dei lavoratori e perché i tempi di attesa per i rinnovi sono lunghi, circa 1 anno e mezzo;
  • riqualificazione del lavoro e parità di retribuzione tra maschi e femmine a parità di mansioni;
  • valorizzare la rete delle Università per creare innovazione;
  • tassazione dei super-ricchi. Non sono pochi i super-ricchi dotati di un senso alto della loro responsabilità sociale, che ritengono un dovere restituire alla collettività parte di quello che hanno guadagnato;
  • evasione fiscale: tolleranza zero. Progressività delle imposte, cioè chi ha di più deve pagare di più, no flat tax. Come? Ristrutturazione banche dati pubbliche che, al momento, non si parlano, riportare la soglia dei pagamenti in contanti a 1000 euro, fare indagini patrimoniali a campione sui proprietari di yacht, barche da diporto e macchine di lusso, prigione a chi evade (come negli USA), smettere di voltarsi dall’altra parte quando chi è ricco si finge povero;
  • introdurre tassa patrimoniale progressiva, in modo che chi ha di meno debba pagare di meno;
  • elevare tassa di successione al livello degli altri paesi europei; in Italia va dal 4 al 6% senza progressività, in Francia arriva fino al 45%, in Germania va dal 7 al 50%;
  • commisurare le multe, ad esempio per eccesso di velocità, al reddito, come in Svizzera.

Come scrive Carlo De Benedetti nel suo libro Radicalità, “L’Italia ha un unico grande giacimento: una straordinaria concentrazione di bellezza, cultura e intelligenza”. Insomma … ce la possiamo fare!

Buona vita!

Cinzia Malaguti

Bibliografia:

C. De Benedetti, Radicalità – il cambiamento che serve all’Italia, Milano, Solferino-RCS Media Group, 2023