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Il Problem Solving Strategico

Il Problem Solving Strategico è un interessante metodo di risoluzione di varie problematiche basato sull’efficacia dei risultati; esso è applicabile nel coaching (miglioramento delle performance), nella terapia dei vari disturbi psicologici e nella formazione, anche aziendale.

L’approccio del Problem Solving Strategico, sviluppato da Giorgio Nardone e dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, prevede una serie di fasi, collaudate in anni di applicazione efficace, da seguire nella loro sequenzialità e con rigore.

Problem Solving strategico da tascaCome funziona. Il Problem Solving Strategico non perde tempo in lunghe e spesso opinabili analisi delle cause di un problema, partendo – invece – dalle tentate soluzioni che non hanno funzionato per cambiarle e con esse comprendere e risolvere il problema.

Il Problem Solving Strategico si sviluppa in 7 passi, tra il problema e la sua soluzione:

1. Definire il problema: si tratta di individuare i termini del problema, cioè cosa esso è effettivamente, chi ne è coinvolto, dove si verifica, quando appare, come funziona; è importante guardarlo da più prospettive per non cadere vittime dei nostri autoinganni e pregiudizi ideologici;

2. Concordare l’obiettivo: si tratta di descrivere i cambiamenti concreti che farebbero affermare che il problema è risolto, cioè concordare quale sarebbe la realtà concreta che farebbe ritenere l’obiettivo raggiunto; la domanda cardine da farsi è: qual’è il cambiamento risolutivo rispetto al problema presentato?

3. Valutare le tentate soluzioni: si tratta d’individuare e valutare tutti i tentativi fallimentari messi in atto per risolvere il problema; questo è un punto centrale del Problem Solving Strategico perché indagare su tutto ciò che non funziona porta al cambiamento; le domande cardine da farsi sono: cosa non fare più? cosa non ha avuto successo? 

4. La tecnica del come peggiorare: si tratta non solo di indagare su cosa non fare più perché ha prodotto esiti negativi (tentate soluzioni fallimentari), ma anche immaginare cosa si potrebbe fare ancora per peggiorare il problema, proprio per non andare in quella direzione.

5. La tecnica dello scenario oltre il problema: si tratta di immaginare lo scenario ideale al di là del problema; è esattamente l’operazione opposta a quella precedente, se prima dovevamo immaginare cosa può peggiorare il problema, ora immaginiamo lo scenario ideale che si presenterebbe senza il problema, per individuare la direzione giusta; immaginare lo scenario ideale serve anche a dare una spinta positiva alla nostra mente: tutti noi, infatti, tendiamo a costruirci profezie che si autorealizzano (la finzione reiterata diviene realtà), il trucco è saperle orientare verso risultati funzionali e non lasciare che ci si ritorcano contro.

6. La tecnica dello scalatore: si tratta di frazionare l’obiettivo finale in una serie di micro-obiettivi che prendono avvio dal punto d’arrivo per tornare sino al primo passo da eseguire; come uno scalatore che traccia la rotta e le sue tappe partendo dalla vetta e andando a ritroso sino all’attacco, individuando così il primo passo, il Problem Solver parte dall’obiettivo da raggiungere e immagina lo stadio subito precedente, poi lo stadio precedente ancora, sino a giungere al punto di partenza, individuando così il primo passo da fare.

7. Aggiustare il tiro progressivamente: si tratta di risolvere un piccolo problema alla volta e, se serve, aggiustare la direzione ad ogni passo.

Il Problem Solving Strategico combina rigore e flessibilità, razionalità e creatività in un metodo molto interessante ed efficace. Per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura del saggio di Giorgio Nardone,  Problem Solving strategico da tasca, ricco anche di esempi concreti.

Cinzia Malaguti

Leggi anche:

Psicotrappole ovvero la sofferenza che ci costruiamo da soli

Bibliografia:

G. Nardone, Problem Solving strategico da tasca, Milano, Adriano Salani Editore, 2009

G. Nardone, Psicotrappole, Milano, Adriano Salani Editore, 2013

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