ConsigliareInformarsiLetteraturaStoria e Archeologia

Il nome della rosa e il tardo Medioevo

Il nome della rosa, il famoso romanzo di Umberto Eco, è un magistrale affresco narrativo del tardo Medioevo. La storia è collocata a partire dal 1327 in un Monastero benedettino e racconta di conflitti religiosi, di eresie, di inquisizioni, di torture, di follia religiosa e, soprattutto, di libri, libri scomodi. Dalla distruzione della Biblioteca di Alessandria ai roghi nazisti, i libri sono sempre stati presi di mira dal potere dispotico che temeva nel risveglio delle coscienze e nella conseguente perdita di privilegi. Nel Medioevo, la Chiesa ufficiale mise al rogo anche tutte le Bibbie scritte in lingua volgare, ossia antecedenti all’interpretazione dell’ortodossia cattolica. Il nome della rosa è collocato in un preciso momento storico, vediamo insieme quale, ma anche come si svolge la narrazione.

Il nome della rosa è un romanzo giallo ambientato nel tardo Medioevo (XIV secolo) in un Monastero benedettino ed ha come protagonisti Guglielmo da Baskerville, un frate francescano, ed il suo giovane allievo Adso. Guglielmo ed il giovane allievo si recano al Monastero per partecipare ad un convegno tra alcuni francescani e gli inviati del Papa su questioni calde. L’abate del Monastero chiede a Guglielmo, già abile investigatore, di aiutarlo a scoprire la verità sulla morte di un giovane monaco trovato ai piedi di una torre.



Vediamo il contesto storico in cui si svolge la narrazione. Nel tardo Medioevo, il re di Francia, insieme all’imperatore tedesco, rappresentavano le due superpotenze dell’epoca, ognuno spalleggiato da un Papa o da un Antipapa. Nell’anno di apertura del romanzo (1327), era in atto una grave crisi politica. Il Papa si era trasferito ad Avignone, in Francia, sotto la protezione del Re di Francia, suscitando le proteste dell’imperatore tedesco Ludovico il Bavaro. Quest’ultimo si apprestò a fare qualcosa di spettacolare: scese in Italia e, arrivato a Roma, fece eleggere un altro Papa, un Antipapa. L’operazione fu possibile perché la Chiesa era spaccata sulla questione della povertà; da una parte c’erano i francescani che criticavano il Papa che viveva nel lusso in sontuosi palazzi e che gestiva ingenti ricchezze, dall’altra c’erano gli uomini d’apparato che sostenevano che era giusto che la Chiesa possedesse ricchezze e privilegi. Si tentò una mediazione. Ecco, allora, che il romanzo inizia immaginando una riunione segreta dove, prima che tutto precipiti, si tenti di mettere d’accordo gli estremisti della povertà e gli uomini d’apparato per evitare un conflitto.

L’iniziativa dell’imperatore tedesco fu tale perché, nel tardo Medioevo, l’aspetto religioso rivestiva ancora un’importanza centrale persino nelle vicende politiche. Nel Medioevo il mondo era impregnato di misticismo, l’Europa era percorsa da pellegrini alla ricerca della salvezza dell’anima, la cultura era appannaggio di pochi e ogni fatto fuori dal comune veniva vissuto come un evento sovrannaturale. Nei pellegrinaggi, i fedeli andavano, per lo più, a piedi in segno di penitenza e molti morivano stremati durante il viaggio; per molto tempo, la meta preferita era Gerusalemme, ma con la caduta della città nel 1187, anche le vie dei pellegrinaggio si chiusero e Roma ritornò ad essere il centro della cristianità ed il luogo più ambito da raggiungere, ragion per cui doveva esserci un Papa a Roma. Le strade per raggiungere Roma erano molte e venivano chiamate Romee, la più frequentata è oggi nota come via Francigena. La via Francigena nasceva a Canterbury, attraversava la Francia e valicava le Alpi, passava per Vercelli e Pavia, scavalcava l’Appennino sulla Cisa, quindi toccava Lucca, Siena e Viterbo per arrivare, infine, a Roma, passando per il Monastero di Subiaco, nato intorno ad una grotta dove San Benedetto iniziò il suo percorso spirituale. Un altro itinerario dei pellegrini era quello che conduceva a Santiago di Compostela, nel cuore della Galizia, dove secondo la tradizione è sepolto l’apostolo Giacomo.



Il nome della rosa è ambientato in un Monastero. I Monasteri, in epoca medievale, erano dei centri di potere non solo religioso, anche economico. Il Monastero di Subiaco, vicino a Roma, ad esempio, accoglieva solo pochi monaci (circa una cinquantina), ma il territorio che essi controllavano era smisurato. I monasteri avevano il possesso di terreni agricoli che non coltivavano direttamente, bensì attraverso i contadini che erano obbligati a versare parte dei raccolti. Nel nord Europa, in particolare in Irlanda, i monasteri assomigliavano più a fortezze che a luoghi sacri ed intorno ad essi si svilupparono agglomerati di case dei braccianti e dei contadini. Già nel IX secolo, Carlo Magno incoraggiò lo sviluppo dei monasteri benedettini che erano impostati sulla regola del “prega e lavora“; i monaci pregavano tanto e lavorano principalmente come amanuensi, ossia nella copiatura di testi e manoscritti (fino all’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg nella metà del XV secolo); i loro luoghi preferiti erano i chiostri per la lettura, la preghiera, la meditazione e lo scriptorium per l’attività di amanuense.

il nome della rosa
Il Monastero di Mont Saint Michel

Torniamo al romanzo. Un altro corpo senza vita venne rinvenuto al monastero, trovato a testa in giù in un orcio. Qualche giorno dopo venne trovato morto anche l’erborista. Quella dell’erborista era una figura molto importante nella medicina del Medioevo; per curare i malanni e le ferite venivano utilizzate le virtù medicamentose delle piante, sulla base della teoria medievale degli umori; questa teoria sosteneva che ogni malattia era il risultato di uno squilibrio tra i fluidi principali del corpo, cosicché esse venivano curate con salassi, purganti e clisteri. Il Medioevo, tuttavia, fu anche un periodo in cui ci furono innovazioni tecnologiche (gli occhiali da vista, ad esempio, sono da far risalire a quell’epoca) e le prime Università sorsero proprio nel tardo Medioevo, come quella di Padova.

Torniamo al romanzo. Si narra l’arrivo al monastero di Bernardo Gui (realmente esistito), giudice inquisitore, con il compito di scovare eretici e streghe; con torture riesce ad estorcere una confessione di eresia al monaco Salvatore e di stregoneria ad una ragazza affamata di cui si era innamorato il giovane Adso. Parliamo, allora, di eresie e inquisizione.

Gli eretici erano coloro che criticavano lo stile di vita dell’apparato della Chiesa ufficiale ed alcuni movimenti disconoscevano anche l’autorità del Papa. I frati Dolciniani erano considerati eretici perché sostenevano la ribellione contro i ricchi; nel 1306 frate Dolcino venne messo al rogo. Il movimento dei Catari, detti anche Albigesi dal nome della località nel sud della Francia in cui si formò il movimento, consideravano corrotta la Chiesa ufficiale e sostenevano vi fosse un Dio buono ed uno cattivo, per evitare la riproduzione del male, sostenevano che era necessario non generare figli, osteggiavano la famiglia e giustificavano l’aborto; contro di loro, la Chiesa ufficiale nel 1208 fece una crociata che durò 20 anni. I Valdesi, infine, sostenevano la rinuncia alle ricchezze, poi aderirono alla riforma calviniana e furono scomunicati; la Chiesa valdese è ancora presente in Italia con diverse comunità.



L’inquisitore era un vero e proprio giudice che aveva il compito di reprimere focolai di eresia, anche con la forza. Egli emanava due editti; con quello di fede chiedeva alla popolazione di denunciare gli eretici ed i loro complici e con l’editto di grazia stabiliva un termine (generalmente un mese) durante il quale l’eretico che si fosse presentato spontaneamente avrebbe ottenuto il perdono. Nei giorni seguenti, l’inquisitore ascoltava confessioni e denunce e la persona inquisita dove presentarsi se chiamata in causa da almeno due testimoni. L’inquisitore cercava di ottenere una confessione spontanea e se il soggetto era riluttante veniva torturato con corde che gli tiravano le braccia poste dietro la schiena (tratto di corda) e costretto così a confessare per fermare tale orribile tortura. Il rogo era riservato agli eretici che si rifiutavano di confessare.

Nel romanzo si parla anche di animali ai quali veniva attribuito un significato preciso. Il mondo animale, infatti, era per l’uomo medievale il mondo del male. Il caprone era simbolo di lussuria, lo scorpione che punge a tradimento era simbolo di falsità, il maiale era simbolo dell’uomo peccatore perché dedito all’ozio, il gufo era portatore di sciagure e via così. Il Medioevo era un mondo impregnato di misticismo dove la cultura era appannaggio di pochi e ogni fatto fuori dal comune veniva vissuto come un evento soprannaturale.

Veniamo ora all’epilogo del romanzo Il nome della rosa. Guglielmo viene avvicinato da un erborista che gli fa vedere un libro; quando l’erborista viene trovato ucciso, Guglielmo si convince sempre di più che i delitti siano causati da un libro. Affronta così il vecchio monaco cieco Jorge avendo, infine, conferma che l’arma dei primi due delitti erano le pagine avvelenate ed il movente era stato il fanatismo religioso. Jorge, prima di morire, dà fuoco alla Biblioteca e al Monastero rovesciando di proposito una lanterna; per perpetrare la fede assoluta occorreva per Jorge uccidere la cultura.

Il nome della rosa è un bellissimo affresco, volutamente cupo e gotico nei toni letterari, del tardo Medioevo, ed un inno alla Cultura per il progresso.

Buona vita!

Cinzia Malaguti