Come vincere la paura di parlare in pubblico
E’ perfettamente normale provare quelle spiacevoli sensazioni legate alla paura di parlare in pubblico, ma le neuroscienze e la psicologia hanno rilevato che in certe situazioni la presenza di altre persone ha un impatto positivo sulle prestazioni.
Già negli anni settanta, lo psicologo statunitense Robert Zajonc dell’Università del Michigan, elaborò la teoria secondo la quale se un compito è semplice o abituale, ovvero automatico, la presenza di pubblico avrebbe un effetto stimolante, mentre nel caso di mansioni più complesse o meno familiari il pubblico influirebbe negativamente sulle prestazioni. L’ipotesi è stata confermata dalle ricerche e dagli esperimenti di Nickolas Cottrell, psicologo dell’Università del Kent.
Per capire perché i compiti più semplici sono facilitati dalla presenza di pubblico e quelli complessi no, dobbiamo comprendere come funziona l’attività di riflessione nel nostro cervello.
L’attività di riflessione coinvolge la corteccia prefrontale, una regione situata appena dietro la fronte. Lo stress altera questa parte del nostro cervello. In condizioni di stress, infatti, l’amigdala (la zona dove nascono le emozioni come l’ansia) intensifica la produzione di noradrenalina e dopamina con l’effetto di mandare “in panne” la corteccia prefrontale: le risposte appropriate ci sfuggono, perdiamo il buon senso e ricordiamo solo in parte quello che sappiamo. In condizioni normali, la corteccia prefrontale garantisce il funzionamento dei normali meccanismi di pensiero e di riflessione e regola l’attività delle aree situate nelle profondità del cervello (il corpo striato coinvolto nella formazione delle abitudini, l’ipotalamo sede dei bisogni fondamentali come la fame e l’amigdala dove nascono le emozioni).
E’ però possibile governare questo processo e, anzi, volgerlo a nostro favore attraverso un lavoro preparatorio di ripetizione ed automatizzazione. A forza di ripetere, succede che le parole, la gestualità e la mimica sono trasferiti progressivamente dalle aree frontali, che sono vulnerabili allo stress, alle zone più interne del cervello, meno sensibili. Allora, quando saremo davanti al nostro pubblico, anche in condizioni di stress, sarà l’automatismo creato, non l’attività della corteccia, a farci fare una splendida figura.
Nei casi in cui occorre poi interagire ed improvvisare, la buona riuscita della prima parte della presentazione, darà quella fiducia in noi stessi, tale che lo stress avrà effetti minori. Insomma, un circolo virtuoso, ma tutto ciò vale solo se ci siamo preparati adeguatamente e quindi abbiamo padronanza dell’argomento da trattare.
Cinzia Malaguti
Fonte:
N. Guéguen, Ansia da palcoscenico, Mente & Cervello, n. 132