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Donne e uomini nella società islamica

Man mano che aumenta la presenza delle donne islamiche nel mondo occidentale, aumenta anche il dibattito sulla condizione della donna musulmana, sull’uso del velo e sui divieti di cui è oggetto nei paesi di provenienza. Non si parla mai della condizione dell’uomo nel mondo islamico che, se pur titolare di più libertà e diritti, è considerato alla stregua di un animale sempre in preda dei suoi istinti dai quali la donna deve essere protetta. Dunque, esiste un problema di dignità che riguarda sia la donna che l’uomo e che l‘Islam moderato può risolvere.

Sono stata in Iran, paese guidato da una teocrazia islamica, per motivi di turismo (l’Iran è l’antica Persia) ed ho dovuto attenermi scrupolosamente, in pubblico, a determinate regole di vestiario e di comportamento: velo in testa, a copertura dei capelli, pantaloni e camicione larghi e lunghi in modo da coprire le forme, comportamenti sobri e muovendosi sempre in gruppo, soprattutto le donne. Le donne iraniane usano il chador , una mantella lunga che copre anche i capelli, ma sotto hanno abiti moderni, pantaloni attillati o gonne corte, per quando escono dai luoghi pubblici e dalle strade ed entrano nelle loro abitazioni o in quelle dei loro amici. Le donne iraniane sono molto istruite, guidano l’auto e possono camminare per strada anche senza un accompagnatore maschile, almeno nelle città più grandi, ma non possono mettersi a parlare per strada con un uomo che non sia il marito ed i guardiani della rivoluzione sono dappertutto per sorvegliare.

In Arabia Saudita le donne usano in pubblico quel camicione lungo fino alle caviglie e nero chiamato abaya, non possono guidare l’auto, non possono uscire senza un familiare, devono fare la fila per sole donne nei bar e nei negozi e possono frequentare palestre per sole donne, non hanno accesso al voto e solo da pochi anni possono frequentare alcune università. Le trasgressioni o offese all’Islam e le minacce alla sicurezza nazionale sono reati punibili con la reclusione, la fustigazione o la morte per decapitazione pubblica.

donne saudite

Queste regole vengono accettate e giustificate per convenzione e quieto vivere perché, se non sono le guardie a richiamare all’ordine, sono i parenti e le altre donne, con un retaggio culturale che rimane anche quando le famiglie musulmane più tradizionaliste emigrano. In questi casi, la donna islamica che in Italia, o altro paese occidentale, porta il velo ed afferma che è una sua libera scelta, c’è da crederle, ma nel senso che sceglie liberamente di non avere guai con i familiari.

Nelle società islamiche più tradizionaliste, come quella saudita e quella iraniana, c’è la convinzione che virtù e vizi di una società si possano controllare tenendo gli uomini e le donne separati, che per natura gli uomini sono lussuriosi e le donne seduttive e che per essere buoni musulmani si debba costantemente evitare il contatto ravvicinato con l’altro sesso. In Arabia Saudita, non ci sono cinema perché, oltre a proiettare film occidentali “problematici”, le sale buie del cinema rendono più facile la promiscuità tra uomini e donne. L’Islam non è tutto questo!

Davvero l’uomo appena vede un po’ di pelle scoperta di una donna scatena i suoi istinti, come un animale affamato? Davvero la donna deve essere difesa e protetta dagli istinti animaleschi dell’uomo? Davvero l’uomo è così facilmente distraibile dai suoi compiti lavorativi e di responsabilità? Penso non ci credano nemmeno gli istitutori di queste forme di inciviltà. Credo che, nella realtà, quando così estremizzate, siano solo forme di controllo sociale, efficaci perché basate su uno spunto religioso, volte al mantenimento del potere da parte dei gruppi dominanti.

La religione è una scelta dell’anima, non della società.

Cinzia Malaguti

 

Bibliografia:

C. Gorney, I nuovi volti delle donne saudite, in National Geographic vol. 37 nr. 2

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